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Illustrazione di Rebecca Serchi


A ognuno il proprio difetto per imparare ad accogliere la diversità

Chi ha vissuto la propria gioventù e poi adolescenza tra gli anni Ottanta e Novanta è cresciuto confrontandosi con una cultura della perfezione schiacciante, se non opprimente. Senza stare a scomodare Barbie e il suo essere insopportabilmente senza difetti (di lei se ne è parlato e se ne parla ancora tanto), basta riportare alla memoria le top model di quel periodo o alcuni dei telefilm americani e dei filml per bambini e ragazzi che hanno nutrito il nostro immaginario.   In molti di questi c’era un personaggio, più spesso femminile ma non sempre, a cui era attribuita una perfezione a cui il o la protagonista, dal basso della sua goffaggine doveva aspirare, per l’accettazione da parte del gruppo dei pari.

Una perfezione, risultato il più delle volte da una somma di fattori: status sociale, stile, estetica.

Gli anni Novanta da questo punto di vista sono stati feroci verso qualsiasi corpo o stile di vita si discostasse dal canone di perfezione culturalmente riconosciuto e osannato in ogni contesto. La magrezza era uno status a cui tutti e tutte dovevano aspirare per ottenere in cambio l’accettazione, pena battute e frecciatine per cui oggi avremmo urlato al body shaming.

Oggi per fortuna viviamo in un tempo in cui si è più propensi ad accettare le imperfezioni, facendone addirittura un punto di forza. Ma se ampliassimo il tema della diversità – culturale, etnica o di orientamento sessuale - non sembriamo realmente pronti all’accettazione, anche se poi dichiariamo il contrario. E la strada appare ancora lunga. Per accorciare i tempi e le distanze una buona via può essere quella di iniziare a lavorare sui piccoli lettori, offrendo loro letture in cui si affronta il tema della diversità in modo ironico e profondo al tempo stesso, ad esempio, puntando l’attenzione sulle differenze caratteriali. Qualcosa di più vicino e comprensibile da cui partire per poi allargare il campo.

Così che fa l’autrice Claudia Marulo nel suo Bestiario di difetti, una carrellata di animali fantastici ispirati ai difetti caratteriali più comuni: testardaggine, fretta, permalosità, vittimismo e tanti altri.

Difetti che ci trasformano in animali insopportabili, ma che allo stesso tempo definiscono chi siamo e, insieme ai pregi anch’essi sempre presenti, forgiano il nostro modo d’essere e di comportarci. Accettare i propri e quelli degli altri vuol dire fare un passo nell’ignoto, confrontarsi con una diversità che può spiazzare, a volte infastidire perché obbliga a un ripensamento, ma di certo consente di modificare le prospettive e scoprire che solo questo confronto può nutrire e nutrirci.

 

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